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La ricerca della verità di Mimma Leone

Mi piace l’idea di scrivere questo primo editoriale a cavallo fra l’uno e l’altro anno. E’ un ottimo pretesto per sottolineare l’importanza di trovare l’equilibrio nel presunto bordo degli eventi, imparando a stare nel divenire.
La filosofia si occupa delle domande, le alimenta e se ne prende cura. Questione di punteggiatura e messa in scena esistenziale; ossia, una costellazione di punti interrogativi che cambia il nostro essere al mondo. Questa meravigliosa scienza che non serve a niente eppure è fondamentale, sopravvivendo al paradosso per eccellenza che la porrebbe al di fuori di qualsiasi dissertazione, ci racconta ancora qualcosa di nuovo e sorprendente, trasmettendo un forte messaggio di attualità che la restituisce a noi come inevitabile compagna del comune cammin terreno. E’ questo il significato da attribuire all’avvento della consulenza filosofica, al proliferare di figure di riferimento sperimentali sempre più autorevoli, alla stessa diffusione di riviste specializzate (la nostra spera di diventarne valido esempio). Segnali inconfutabili che rendono l’immagine di una materia viva, riabilitata proprio da chi ha compreso di dover uscire dalle stanze claustrofobiche della tradizione accademica per entrare nel vivere quotidiano, nella relazione, nel confronto più diretto e fruibile possibile. Un passaggio obbligato direi, perché la filosofia, più che l’esistenza, riguarda l’Esserci e il saperCi qui, adesso; nella consapevolezza di essere coscienza in evoluzione, s’impara infatti a conoscere se stessi attraverso l’alterità, e quindi a svelare il lato oscuro trasmutando l’angoscia nei molteplici volti della creatività.
Se allora la filosofia accetta la sfida del presente senza rischiare di perdere la sua sostanza, possiamo ancora sperare che il cerchio dell’agorà possa con-vivere e con-tenere la tecnologia e l’innovazione, risultanze dell’epoca che abitiamo non necessariamente incompatibili con lo spirito filosofico. Ma sussiste un altro se: se lo scopo della nostra ricerca riguarda la verità, l’unica mano che riesce a spiegarne il velo è quella della meraviglia. Si potrebbe infatti anche dire che la filosofia stessa non sia altro che la capacità di lasciarsi senza tregua meravigliare dal traffico mondano, cogliendo l’occasione delle domande che ne conseguono per rintracciare quei sintomi di imminente verità che riconducono al sacro e al senso, sinonimi dello stesso indicibile concetto.
Si potrebbe altresì obiettare aggrappandosi alla retorica della frenesia della società, in special modo occidentale, evidentemente poco amica della ricerca del vero che invece sembra essere cruciale nell’indagine filosofica in esame. Il problema è lo sguardo, il linguaggio, il dialogo. La comunicazione spesso compressa e il bisogno di conformità inquinano discorsi e pensieri, ponendo tutti i presupposti di una vera e propria competizione. Ma la relazione non è una gara; non deve prevalere la mia opinione sulla tua, non devo uniformare una pluralità di idee a un’unica realtà delle cose e dei fatti supposta, ritenuta legittima da una serie di motivazioni più o meno giustificate, più o meno condivise. Insomma, non devo aver ragione. Per questo stesso motivo, il piano della verità non corrisponde al piano del sapere; si tratta invece di un “sistema di apprendimento”, direbbe Foucault, finalizzato all’ ‘acquisizione di proposizioni altre’, che già per questo si avvicinano di più al vero poiché messe in discussione dalla dialettica e soprattutto dalla pratica, che poi è la vita stessa. La vita, appunto; ossia, qualcosa che riguarda tutti. Allo stesso modo, non occorre guarire, ma conoscersi. Antifonte suggeriva l’arte della parola come terapia nel 400 a. C, ovvero molto prima di Freud. Ippocrate ne rafforzò il messaggio quando capì che mente e corpo si scambiano continuamente messaggi.
Fare luce su noi stessi, sugli aspetti nascosti della nostra essenza, guardare il mondo da una prospettiva alimentata dal dubbio è, socraticamente, uno stile di comportamento che vuole escludere l’indifferenza e avvicinare alla felicità. E la felicità non è altro che pura vita messa continuamente alla prova senza indugi, nella gioia di perdersi e ritrovarsi, nella scoperta dell’ignoto, nell’accettazione del Tutto, nel contatto con la parte più profonda della nostra anima.

MIMMA LEONE

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