Empatia e neuroni a specchio: l’arte di comprendere l’arte di Stefania D’Agostino
“Guarda con gli occhi di un altro, ascolta con le orecchie di un altro e senti con il cuore di un altro.”
(Alfred Adler)
L’empatia, in psicologia, è la capacità di mettersi nei panni dell’altro o di immedesimarsi nella situazione di un’altra persona comprendendo a pieno i suoi stati d’animo e i suoi processi psichici. Termine che deriva dal greco en-pathos ovvero “sentire dentro”, indica la facoltà di riconoscere le emozioni e i sentimenti altrui come se fossero propri, “vivendo” la realtà dell’altro calandosi in simbiosi nel suo punto di vista e nei suoi pensieri. L’empatia è un importante abilità sociale che consente di entrare in sintonia con chi ci circonda, diventando uno strumento base per la comunicazione interpersonale e un aiuto favorevole per le relazioni sociali.
Esiste una base neurologica dell’empatia?
Fondamentali sono gli studi di Darwin sulla comunicazione mimica delle emozioni e i recenti studi di Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato italiano, che portarono alla scoperta dei neuroni a specchio. Tali scoperte indicano l’empatia non come una capacità intellettuale ma come parte del corredo genetico della nostra specie. L’ affermazione dello scienziato indiano Vilayanur Subramanian Ramachandran: “i neuroni a specchio saranno per la psicologia quello che il DNA è stato per la biologia”, evidenzia maggiormente l’importante scoperta dei neuroni a specchio che come Rizzolatti ha spiegato, sono “cellule nervose che si trovano nelle aree motorie e si attivano per imitazione quando vedono qualcuno compiere un azione”. Ad esempio se vediamo una persona compiere un determinato gesto si attivano aree utili a compiere esattamente quel gesto anche se poi nella pratica non si realizza. Dunque proprio come uno specchio questi neuroni riflettono ciò che si vede negli altri. In parole parole “guardando non solo imparo, ma capisco anche le tue intenzioni”. L’imitazione è una strada che conduce all’empatia. Gli studi del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma (di cui Rizzolatti fa parte) non solo ci aiutano a comprendere i meccanismi neurologici alla base dell’attitudine di leggere e comprendere il comportamento altrui e di vivere gli stati emotivi di chi ci sta di fronte che anatomicamente avviene grazie all’attivazione dell’insula (porzione della corteccia celebrale), ma indicano anche le basi neuroanatomiche della percezione del bello dell’arte. La nostra capacità di entrare in sintonia l’uno con l’altro e in questo modo di capirci, ci permette anche di empatizzare con un’opera d’arte. Secondo il gruppo di Parma l’insula si attiva ogni volta che guardiamo un quadro o una scultura. Dunque i neuroni a specchio attivano uno stato particolare che i ricercatori definiscono “esperienza estetica”, che avviene in due stadi: dal desiderio ed l’eccitazione di vedere un’opera all’appagamento del desiderio stesso e quindi il piacere estetico una volta terminata tale esperienza.
La correlazione tra cervello e arte interessa anche il professor Gallese che firma un lavoro edito nel 2007, in cui i neuroni a specchio erano visti con un ruolo centrale nel rapporto con un’opera d’arte attivando in chi l’osserva una risposta immediata e universale. Come ricorda il professore: “In quel lavoro teorico, sostenevamo che l’empatia è una componente essenziale della nostra esperienza di fronte ad un’immagine, anche artistica. E lanciavamo l’ipotesi che questa forma di “risonanza” con l’opera d’arte si potesse osservare anche quando non c’è nulla di corporeo con cui immedesimarsi, come nell’espressionismo astratto di Jackson Pollock o nei tagli di Fontana”.
Gli studi confermano che osservando alcune opere d’arte si attivano nello spettatore le aree motorie che controllano l’esecuzione dei gesti che producono quelle immagini (esperimento tagli di Fontana) e dunque si attiva lo stesso meccanismo dei neuroni a specchio, peraltro centrale nella percezione dell’opera d’arte. Come afferma ancora Gallese “Il corpo è una componente chiave nella fruizione di un’opera artistica”. “Al netto di condizionamenti e mediazioni culturali, che sicuramente hanno un ruolo preponderante nell’esperienza estetica, c’è comunque una risposta empatica di base che scatta di fronte alle immagini, artistiche e non”.
STEFANIA D’AGOSTINO