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“Voglia di libertà saltami addosso!” di Antoine Fratini

Oggi tutto quello che intraprendiamo tende ad imprigionarci nelle spire di un sistema sempre più complesso, astratto e autorenferenziale. Una entità autonoma che nessuno governa e che governa tutti senza eccezione, dai desperados agli oligarchi, imprimendo le sue regole, le sue esigenze, i suoi tempi accelerati e disumanizzanti. La scuola, la famiglia, i figli, il lavoro sono altrettante maglie di una catena che progressivamente avviluppa le nostre esistenze. Cosicchè la libertà non si esprime più che nei lidi del fantastico, come mostra per esempio l’enorme successo dei prodotti fantasy e più in generale d’intrattenimento. Come sognare un isola felice dalla quale ci si allontana sempre più fino a perderla completamente di vista.

 

La droga crea dipendenza, ma non risiede tanto in molecole quanto in un tipo di atteggiamento rivolto allo “sballo”, ad un tentativo illusorio di evasione fallito in partenza che regge su di un rapporto passivo, consumistico, desacralizzato con le cose e che finisce necessariamente per diventare distruttivo per l’anima o/e l’organismo. In questo senso, le “sostanze” di gran lunghe più diffuse, anche se legali e anzi non riconosciute in quanto tali, sono rappresentate dalla televisione, dai prodotti d’intrattenimento che riempiono (sarebbe meglio dire “svuotano”) il nostro tempo, dagli esotismi vari, dal mainstream che regala false e avvelenate sicurezze, dalle irrealistiche aspettative nella politica e nelle credenze tanto perniciose quanto inconsapevoli nella nuova religione economica. Quella libertà tanto desiderata, per la quale innumerevoli persone in passato hanno eroicamente sacrificato le loro vite, quasi fosse il bene più prezioso in assoluto, da questo punto di vista appare oggi una semplice merce, un abile simulacro di quel che dovrebbe essere, ma un simulacro che pare accontentare tutti. Certo, la Libertà vera, quella che si conquista a fatica, ha sempre fatto e fà tuttora molta paura, come d’altronde intimorisce il libero pensiero. Ma rispetto a quest’ultimo che intimorisce per sua intrinseca natura, la paura della prima deriva almeno in gran parte dalle violenti reazioni, più o meno previste o anche soltanto intuite, da parte degli apparati del sistema per nulla disposto a concederci questo privilegio. Non si sa mai che i pochi coraggiosi si trasformino in moltitudine.

 

La nostra vita è paragonabile ad una partita a flipper. Ti danno tre palline. La prima sei un bambino, credi in una società libera e giusta, ma presto entri nel gioco e dalla violenza degli choc cominci a capire l’antifona. Nonostante quella fabbrica d’ingranaggi chiamata “scuola”, pensi che alla maggiore età potrai compiere scelte personali e realizzare la tua vera natura. La seconda, sei un “grande”. Quell’artifizio chiamato Stato ti presenta già il conto. Cominci a farti furbo e per fare più punti deponi l’anima al vestiario, sperando magari di recuperarla in seguito, dopo esserti guadagnato una posizione sociale. La terza sei un “vecchio”. Quando l’ultimo dei bumper ti spedisce nell’ultimo buco, compare la fatidica scritta game over. La partita è finita. Nonostante tutto, come recita la stupenda canzone Flipper dei Téléphone ai quali prendo in prestito questa parabola, speri sempre di guadagnarti una partita gratis, o almeno una extra ball.

 

Questa pandemia ha comunque il merito di evidenziare la codardia di un popolo che preferisce la democratura e lo stato di prigionia alla nobile e difficile lotta per il rispetto della democrazia e la conquista della libertà. Basta poter contare su di un misero stipendio, tornare la sera a casa al calduccio, stare alla finestra dei social, consumare serie tv e altra robaccia… insomma basta potersi cullare nell’illusione di vivere. Molti nostri antenati rivoluzionari si staranno rivoltando nella tomba nell’osservare tale indegno spettacolo.

 

Le nostre esistenze, costrette dai like, dai tweet, dai post… e dalle censure stanno diventando sempre più artificiali, alienate. Il virtuale tende inesorabilmente a sostituirsi al Reale. Manca evidentemente la lucidità e il coraggio necessari per saltare da questa moderna “nave dei folli”[1] e, nuotando controcorrente, ovvero rinunciando al consumismo, al conformismo e alle droghe istituzionali, approdare a quell’isola tanto agognata. Una via semplice, in effetti, ci sarebbe. In sintesi, essa consiste in un ritorno alla Natura. La conoscenza vera e approfondita della Natura libera infatti dai condizionamenti e dalle dipendenze, rende autonomi, regala frutti gustosi e nutrienti per l’anima e il corpo e rinsalda i legami con la comunità. La sera o la mattina, attorno ad un fuoco o accanto ad una sorgente d’acqua, i racconti di vita si fanno storie, la Terra ricomincia a percepire la rispettosa impronta dei nostri passi e i sogni come la vita tornano ad essere veri.

[1] Sebastian Brant, La nave dei folli, Basilea 1494.

ANTOINE FRATINI

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