Sentite un pò Padre Dante…di Fausto Corniani
Dalla parte di Gemma
Pregiatissimo Signor Dante Alighieri, è con un forte senso di trepidazione, mista a cautela e a un certo imbarazzo che mi rivolgo a voi. E uso il voi, perché mi pare la forma che meglio evidenzi il dislivello esistente tra noi. Dispongo infatti di una cultura neppur lontanamente paragonabile alla vostra e la mia persona lascerà nella storia un segno infinitamente minore di quello lasciato da voi, padre della nostra lingua, ammesso che lo lasci. Ugualmente sento il bisogno di rivolgervi le mie modeste parole, foriere di un paio di riflessioni, che ho avuto l’ardire di fare riguardo a voi. Esse mi sono recentemente balzate alla mente leggendo la vostra biografia. Debbo confessare di averlo fatto in modo più attento solo ora, in età più che matura, dato che la professoressa del liceo non esigeva da noi studenti una conoscenza approfondita della vita degli autori; prediligendo lo studio delle loro opere. Ebbene, scorrendo le vostre vicende in un testo di storia della letteratura, a un certo punto sono rimasto molto stupito, quasi basito. Ho letto infatti che voi maestro, mentre avevate nel cuore le doti angeliche di Beatrice, l’amore della vostra vita, morta da poco, trovaste comunque il modo di sposarvi con un altra donna, tale Gemma di Manetto Donati, dalla quale aveste tre figli o forse più. Nulla di irregolare, anzi. Ed è vero che si trattava di un matrimonio combinato come si usava allora, ma la cosa non diminuì di molto il mio stupore. Nel senso che immaginai che una persona raffinata come la vostra difficilmente avrebbe potuto vivere con una donna, farci tre figli (non uno, ma tre o forse più), senza che nascesse un sentimento, un trasporto per lei. O sbaglio? O si trattò solo di assecondare una convenzione sociale e dare seguito al suo cognome? Me lo aspetterei da un uomo di ben minore levatura spirituale ed etica rispetto alla vostra. Roba da mercanti, regnanti, politici… . Voi invece dovete aver provato qualcosa per Gemma e al tempo stesso Gemma per voi. Succede così per tutti: tutti abbiamo bisogno di amore. Nel senso che l’uomo non riesce a fare come gli animali, che figliano e basta. La sessualità umana è più complicata: ha sempre avuto a che far con la parola amore. E da questo connubio è sempre scaturita tutta una serie di questioni che da secoli riempiono le pagine di poeti, scrittori e gli studi degli psicologi. E per di più lei è stata vostra moglie, avete condiviso le giornate. Chissà, forse lei vi amava, forse alla fine anche voi: «amor che nullo amato amar perdona».
Poi da psicologo mi sono fatto un’altra domanda: ma come ci sarà rimasta Gemma capendo che suo marito (marito vero, non angelicato: tre figli…) continuava ad avere in testa le infinite qualità di quell’altra? Che era morta, sì, ma era sempre un’altra. Cioè ho provato a mettermi nei suoi panni, quella cosa che si chiama empatia, il minimo che uno psicologo deve saper fare. Certo, per un maschio entrare nella mente e nella sensibilità di una donna non è facile, tuttavia credo di non sbagliare pensando che probabilmente ci restava male, si sentiva svalutata, e forse diminuita, anche pubblicamente. Cioè tutti sapevano della cosa: suo marito era il cantore di Beatrice. Mentre per lei neppure un sonetto, una rima.
Quindi caro padre Dante; non voglio fare il bacchettone, il fustigatore di costumi…però…capite che mi vengono tanti dubbi in testa. Si fa così? Avevate in mente le meraviglie di un’altra (la ricanterete nel Paradiso) mentre Gemma vi preparava il desinare e spazzava la casa. O avevate la servitù? Certo avevate la servitù perché Gemma era ricca. Però non va bene lo stesso, secondo me c’è qualcosa che non torna.
Per intenderci, non mi crea nessuno stupore il fatto che il vostro corregionario Boccaccio, mentre frequentava la serena e gioiosa corte degli Angiò a Napoli si sia innamorato di Fiammetta, meno angelicata e forse più gaudente di Beatrice. Ma egli si “accontentò” di scrivere le novelle del Decamerone, voi invece dopo aver cantato il vostro amore casto per la purissima Beatrice, avete descritto la vita eterna: inferno, purgatorio e paradiso, fin lassù, dove stanno Maria Vergine, e la Trinità e ancora Beatrice. E poi ve lo devo dire: avete messo all’inferno l’amore adulterino di Paolo e Francesca, ma voi amavate Gemma?
A ciò si aggiunga il fatto che queste cose così alte le avete scritte mentre eravate in esilio, con moglie e figli a casa. Non potevate portarvi la famiglia appresso mentre eravate ospite delle corti italiane? Non era permesso? Certo Gemma non aveva bisogno del vostro sostegno, quello che ora sono gli alimenti, e poteva stare da sola senza patir miseria. Però… .
Ora voi potreste dirmi che vi rimprovero i vostri capolavori, quel bellissimo: «tanto gentile e tanto onesta pare…», che vi rimprovero di esservi fatto accompagnare da Beatrice in paradiso. No certo, ci mancherebbe, qui mi devo fermare.
Però un’altra cosa, parlando da uomo comune: secondo me voi avete fatto come tutti quei poeti e artisti che si innamorano delle donne sbagliate (Leopardi, Paganini, Pavese…) che poi li fanno soffrire. Gemma invece non vi avrebbe mai deriso in pubblico.
In ogni caso voi potreste dirmi che foste un padre ammirato dai figli, che vedevano di buon grado Beatrice e il vostro amore per lei, visto che i due maschi (Pietro e Jacopo) divennero cultori della Divina Commedia e Antonia si fece suora col nome di Beatrice. E qui mi dovrei arrendere e pensare che anche alla loro madre la cosa piaceva…forse… . In fondo Beatrice morì prima che voi la sposaste e anzi in un’occasione vi aveva rifiutato deridendovi. Forse questo la consolava…forse… . Da quel poco che conosco delle donne, non ne sono certo.
Mi verrebbe da sospettare a questo punto che forse questa donna si possa essere stancata e, diciamo così, almeno quando eravate in giro per l’Italia, forse avrà cercato e trovato qualcun altro. Si usava allora? Non saprei, ma se così fosse successo, caro padre Dante, non vi dovreste meravigliare di aver la testa coronata non solo dall’alloro; è stata anche colpa vostra.