La poesia di Davide Cuorvo approda in Messico
2Il “Consejo Nacional de Ecritores Indipendentes”, ha ritenuto le poesie di Davide Cuorvo, componimenti a carattere psico-antropologico, che esprimono la dialettica contrastante tra l’uomo contemporaneo (tesi prevalente) e l’uomo della ricerca (antitesi che non si identifica con il dinamismo della tesi), per cui, l’uomo di ricerca pone sè stesso come nuova tesi, con la forza del risveglio animico, tale che nella sintesi si converge verso la direzione della pratica del sapienzalità. In questa sede, coadiuvato dal prof. Rafael H. Aguilar, si delineano i caratteri della sua poesia, riportando due testi tradotti dallo stesso Aguilar, in lingua spagnola.
Davide Cuorvo è un giovane poeta, nato nel 1992 nella splendida Pompei, città della provincia partenopea, da anni vive a Conza della Campania. Assiduo lettore e scrittore di versi, ed al tempo stesso è scrutatore dei sentimenti dell’ animo umano, ciò che colpisce, leggendo i suoi componimenti, oltre a dare dignità alla poesia, che in questi ultimi anni, è stata mischiata con forme pseudo-letterarie, che nulla hanno di letteratura, né di arte, ha ripristinato il valore propedeutico e didascalico del poetare, che non è solamente ispirazione sterile, ma costante ricerca di forme e modelli linguistici, che oltrepassano la insipida formalità.
Nei suoi versi, scopriamo una non comune forza propulsiva che cerca di sollevare la carne alle sensazioni intuitive dello spirito, morbidezza e delicatezza di linguaggio si alternano a docile severità, nei confronti della società umana, sempre più affaccendata a soddisfare le fugaci leggi del piacere e della balausia deificata. In Cuorvo, notiamo una sorta di ribellione, infatti egli si pone al confine con la massa, che perpetua comportamenti e atteggiamenti aggreganti e di felicità subitanee, che non hanno altresì, il sapore della attesa, egli vuole dare voce alla natura, e vede la forza di questa che irrompe nel silenzio di alcune anime. Pur restando a ricercare il valore della esperienza della caducità umana, si pone antiteticamente ai limiti, dove poter osservare, lateralmente e logitudinalmente l’umano e lo spirito della curiosità, e riesce, quasi senza difficoltà, ad affondare, in un susseguirsi di sentimenti, se pur ribelli, nella dimensione della “linguisticità” e quindi dell’ esser-ci pluridimensionale.
Theo Di Giovanni
Davide Cuorvo
Non so restare in un confine - o in uno spazio-
e mi ritrovo sempre fori dagli insiemi.
E’ un bene che la pioggia perda peso
e che l’erba strappi a morsi il silenzio,
dai lampioni, dalle case, dai respiri della luna.
Anche i fiori attendono sulla soglia
dell’autunno con timore, solo il vento
ha mani e piedi mattutini,un sorriso
di grnadine e salsedine,restare é come
la candela che al buio non si eclissa,
costeggiare i bordi delle aiuole, in
un limite finito.
No sé quedarme en un confín -o en un espacio-
y me encuentro siempre fuera de los conjuntos.
Está bien que la lluvia pierda peso o que la hierba
arranque a mordidas el silencio de los faroles,
de las casas, de los hálitos de la luna.
Hasta las flores aguardan en el umbral del otoño
con temor, sólo el viento tiene manos y pies matutinos,
sonrisa de granizo y sal. Quedarse es como la vela que
en lo oscuro no se eclipsa, costear los bordes
de los arbustos, en un límite finito.
Velo in bianco e nero
(Non sai che un fiore incolto
non veste colore al mattino)
L’inoltrata sera assale un lampione;
la panchina immobile mi scruta
lungo il viale. C’è un’ombra nell’ombra, irrequieta
come può sostare una foglia oltre la nube;
tace solo l’inverno. Silenzio in attesa,
una lontana parola che opprime:
(imparavamo assieme e qui mi perdo)
Il disagio presagiva inadeguato e invece.
Adagio, sussurravano le foglie ad una legge permanente.
(Non conosco la solitudine)
Sparve oltre la città come a ridestare
un brivido. Un sentiero carezzava la brezza,
viziata, ai lasciti di un marciapiede.
(Il ponte non portava a te, né il cuore)
mi nascosi dietro un vento mansueto.
Velo en blanco y negro.
(No sabes que una flor inculta no viste de color por la mañana)
La pasada tarde ataca un farol;
la banquita inmóvil me escruta por la avenida.
Hay una sombra en la sombra, inquieta
como puede quedarse una hoja más allá de la nube;
calla sólo el invierno. Silencio en espera,
una lejana palabra que oprime: (aprendíamos juntos y aquí me pierdo)
La molestia presagiaba lo inadecuado y en cambio lento,
susurraban las hojas a una ley permanente. (No conozco la soledad)
Desapareció más allá de la ciudad como suscitando un escalofrío.
Un sendero acariciaba la brisa, mimada, en los legados de una acera.
(El puente no llevaba a ti, ni el pecho)
Me escondí detrás de un viento apacible. +